Nonstante colpisca circa 2 donne su 10 (18% della popolazione), prevalentemente in età compresa tra 25 e 40anni, la vulvodinia è un male “intimo” di cui le donne parlano poco. Un po’ perché ciò che riguarda i genitali è ancora tabù e genera imbarazzo, ma in parte è anche colpa nostra, dei medici, che chiediamo e parliamo troppo poco con le nostre pazienti
Chi soffre di vulvo-vestibolodinia si porta sulle spalle una storia spesso lunga di dolore, aggravata da una condizione di incomprensione: si rivolge allo specialista perché ha dolore quando fa sport, quando indossa degli indumenti attillati, all’inserimento di assorbenti interni, quando prova ad avere rapporti sessuali….Alla visita non si evidenziano lesioni, gli esami di laboratorio e gli accertamenti sono negativi, ma comunque vengono prescritte terapie, ovviamente inefficaci. Spesso queste pazienti si rivolgono a più professionisti, e generalmente non solo non ottengono miglioramenti, ma soprattutto si sentono dire che “non c’è nulla”. Questo genera uno stato di frustrazione poichè la donna ha davvero dolore, ma nessuno sembra crederle. Ne parla sempre meno, non viene curata, e quindi il quadro clinico persiste, se non peggiora, e si cronicizza. Questo ha un forte impatto sulla sua vita personale e di relazione, con importanti ripercussioni sulla vita sessuale e di coppia.
Le donne che vivono la vulvodinia sono spesso affette anche da altre patologie: depressione, magari indotta dalla vulvodinia stessa e che peggiora lo stato doloroso, dolore pelvico cronico, cistiti ricorrenti (generalmente con urinocolture negative, perché non batteriche), patologie della tiroide, fibromialgia
E’ estrememente importante fare una corretta diagnosi per riuscire a interrompere questo circolo vizioso, fornendo il corretto supporto terapeutico e migliorando di conseguenza la qualità della vita delle nostre pazienti